Il cardinale ex segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone
Città del Vaticano - Torna il “giallo” del doppio pagamento per la
ristrutturazione dell’appartamento dell’ex segretario di Stato del
Vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone: se uno degli imputati nel
processo che si svolge in Vaticano, l’ex presidente della Fondazione
Bambino Gesù, Giuseppe Profiti (accusato di peculato), nel suo interrogatorio di martedì
, aveva detto che questa ipotesi era «falsa», perché la Fondazione
aveva cofinanziato i lavori dell’appartamento mentre il Governatorato,
l’ente cui spettano le decisione esecutive nel piccolo Stato, aveva
pagato i lavori per le parti comuni di Palazzo San Carlo, oggi l’ombra
del doppio pagamento a vantaggio delle imprese del genovese Gianantonio Bandera, di cui si è parlato nei mesi scorsi come indiscrezione di stampa, di fatto è rispuntata.
È stato ascoltato come testimone Marco Bargellini, alla guida della sezione Edilizia della
direzione dei Servizi tecnici del Governatorato, il quale ha detto che
l’ente ha pagato tutto (a titolo di anticipo rispetto a un impegno a
sostenere l’onere da parte del cardinale), i lavori dell’appartamento e i
lavori comuni, sostanzialmente il rifacimento del lastrico solare.
Si tratta di sette fatture: 4 per l’appartamento, 3 per il lastrico.
Due i “contratti”, entrambi con l’impresa Castelli Re. Alla domanda se
fosse al corrente che i lavori della ristrutturazione della sola casa
fossero stati pagati anche dalla Fondazione Bambino Gesù, Bargellini ha
risposto «assolutamente no».
Nella lunga deposizione (3 ore di domande) ha chiarito come
fosse «singolare» quella procedura per cui, per un immobile assegnato a
un cardinale, ma comunque di proprietà del Governatorato, fosse
l’assegnatario (Bertone, appunto) a «indicare il progetto di
ristrutturazione e la ditta che lo doveva effettuare» e «singolare» era
il fatto anche che ci fosse il suo impegno a pagare.
I costi sostenuti dal Governatorato, a titolo di anticipo, visto
che Bertone si era impegnato a pagare, sono stati 354mila euro per
l’appartamento e 179mila per il rifacimento della terrazza condominiale;
tuttavia il preventivo, per la sola casa, era di 615mila euro,
sul quale la Castelli Re di Bandera applicò spontaneamente uno sconto
del 50%. Poi c’era stata una lieve revisione al rialzo, approvata
dall’ex segretario di Stato, per alcuni lavori aggiuntivi sino ad
arrivare appunto a 354mila euro. Intanto, la Fondazione Bambino Gesù
aveva versato dal canto suo 422mila euro a un’altra ditta di Bandera, la Lg Contractor, sempre ai fini della ristrutturazione dell’appartamento.
Una curiosità, poi: la casa dell’ex segretario di Stato «non è mai stata collaudata», ha riferito sempre Bargellini, perché «la ditta era fallita»
e «il Governatorato trattenne dalle somme da pagare una ritenuta di
garanzia del 5%». A tutt’oggi, secondo quanto emerso nel processo, dalla
testimonianza dell’ingegnere del Governatorato, il porporato vive in un
appartamento dove non sono stati effettuati i collaudi.
Nel corso dell’udienza di oggi, durata in tutto 6 ore, sono stati ascoltati come testimoni anche Paolo Cipriani, ex direttore dello Ior,
Massimo Tulli, ex vicedirettore dello steso istituto, e Paolo Mennini,
ex “delegato” dell’Apsa. Ma le loro sono state testimonianze-lampo.
Essenzialmente hanno confermato, rispondendo alle domande della difesa
dell’ex tesoriere, Massimo Spina, che lo stesso non aveva in Fondazione
«poteri di firma», e che quindi eseguiva le disposizioni dell’ex
presidente Profiti.
La prossima udienza è stata fissata per lunedì 2 ottobre: in quella sede dovrebbe essere ascoltato come testimone l’imprenditore genovese Bandera
e dovrebbe essere discussa l’eventualità di avere in aula due testi che
sono stati citati come testimoni, ma che hanno in risposta presentato
invece documentazioni, ovvero la presidente dell’ospedale Bambino Gesù,
Mariella Enoc, e il direttore dell’Aif, Tommaso Di Ruzza.
Da www.ilSecoloxix.it del 22 Settembre 2017
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